mercoledì 12 ottobre 2011

Spingendo la notte più in là....



Dedico un post ad un bellissimo libro che ho appena terminato, "Spingendo la notte più in là" di Mario Calabresi, direttore della Stampa e figlio di Luigi Calabresi vittima del terrorismo nel Maggio del 1972. Di Calabresi avevo già letto i due suoi altri libri "ottimisti", dedicati a chi negli USA e in Italia ce l'ha fatta raggiungendo i propri obiettivi con fatica ed impegno ("Cosa tiene accese le stelle" e "La fortuna non esiste"). In questo breve libro, 125 pagg. da leggere tutte d'un fiato, si descrivono gli anni del terrorismo da un punto di vista finalmente diverso, più doloroso e più credibile, quello delle vittime, di coloro che non hanno più visto ritornare a casa i loro cari, che hanno visto distrutte in un secondo le loro vite, di coloro che non hanno avuto risarcimento, che sono stati spesso dimenticati anche dalle istituzioni. Un libro scritto senza acredine anzi, dove l'autore sente il bisogno di liberarsi di questo peso con il quale ha convissuto per oltre trent'anni. Libro mai banale, mai noioso e che tocca il cuore. Che aiuta a riflettere ed a ricordarci che gli ex terroristi sono stati tutti "sdoganati", che una volta pagato il loro debito con la giustizia (non sempre visto che molti sono scappati e alcuni graziati) ora siedono in Parlamento, occupano posti di rilievo nella società, scrivono libri e con una certa supponenza ricordano quegli anni, alcuni di loro senza alcun segno di pentimento. Anche per chi non nutre particolare interesse su quegli anni e quello che è stato il terrorismo italiano, un libro che si deve leggere e che può aiutare a capire tante altre cose (se mai ce ne fosse bisogno) dei tempi che stiamo vivendo.

Chiudo il post con una citazione presa dal libro della vedova Calabresi:

"Ho scommesso sulla vita, cos'altro potevo fare a venticinque anni con due bambini piccoli tra le mani e un terzo in arrivo? Mi sono data da fare tutti i giorni, unico antidoto alla depressione, e ho cercato di vaccinarvi all'accidia, dall'odio, dalla condanna ad essere vittime rabbiose. Questo non significa essere arrendevoli o mettere la testa sotto la sabbia. Significa battersi per avere verità e giustizia e continuare a vivere rinnovando ogni giorno la memoria. Fare diversamente significherebbe piegarsi totalmente al gesto dei terroristi, laciar vincere la cultura della morte"

2 commenti:

Roberto ha detto...

Bello! Mario Calabresi è un gran giornalista, uno che sta cercando di rinfrescare l'informazione e per fortuna lo fa su quello che da sempre è il mio quotidiano di riferimento (non solo perché redatto nella mia città natale).
Sicuramente la sua esperienza dolorosa lo rende ancora più sensibile e mai irrispettoso delle persone e dei temi trattati, siano questi nei suoi libri, nei suoi giornali o nelle sue trasmissioni.

Grande Ale

Anonimo ha detto...

Condivido il giudizio su un bel libro.
Un altro libro che andrebbe recuperato (difficile da trovare) anche se più rancoroso è Delitto imperfetto di Nando Dalla Chiesa.

Q