sabato 29 luglio 2017

Sei chiodi storti



Un paio di anni fa mi avevano regalato il Kindle, i libri digitali...il futuro...l’ho anche utilizzato per carità, qualche libro (più di qualcuno) ce l’ho letto...ma niente da fare...la carte stampata, il girare le pagine, sottolineare le parole, “sniffare” l’inchiostro, e poi... vuoi mettere il gusto a fine lettura di mettere in bell’evidenza la storia da poco fatta mia...come si mette in libreria un file del kindle ? Non si può...insomma resta una mezza lettura, almeno per me lettore ultraquarantenne che crede nel futuro immateriale ma...fino ad un certo punto. Tutto questo per dire che da un po’ di tempo mi sono rimesso a leggere su carta, con una certa soddisfazione, e mi sono imbattutto in un piccolo gioello: ”Sei chiodi storti”, 140 pagg a 17 euris, libro che racconta la finale di Coppa Davis del 1976 Cile-Italia, ci sono dentro tante cose, gli anni di piombo e della paura in Italia, l’anno di grazia del tennis italiano e di Adriano Panatta, ci sono le vite semplici e interessanti di un capitano e di quattro ragazzi/tennisiti campionissimi e diversissimi tra di loro, la storia di una dittatura troppo presto dimenticata, la storia di un’Italia ipocrita e codarda...Un libro che mi ha appassionato perchè si racconta il tennis, il mio sport preferito che mi regala da sempre emozioni (il calcio è una droga non c’entra niente), perchè sullo sfondo c’è la politica alla quale mi sono più volte avvicinato e poi sempre allontanato, e perchè sopratutto c’è il giornalismo vero, quello che fa cronaca ma analizza, quello che ti appassiona e che trasmette emozioni...bel mestiere il giornalista...quasi quasi lo faccio da grande...
“Eppure sono stati uomini fortunati e la fortuna, si sa, non è democratica. Sceglie i suoi eletti. Sono stati uomini fortunati. Sarà che nell’animo sono rimasti bambini e non hanno ancora smesso di giocare”.

Santiago (Cile) 19 Dicembre 1976, Panatta b. Fillol 8-6, 6-4, 3-6, 10-8

L’Italia del tennis vince la sua prima Coppa Davis, da una vita aspetto la seconda...

giovedì 16 marzo 2017

A week in London


...svegliarsi alle 5 di una domenica per andare a Londra, perchè ti hanno detto di fare un corso alla London Business School, lasciare a casa le belve che dormono serene, arrivare nella City, scendere a Westmister e camminare senza meta per due-tre ore, qualche foto, una birra e sentirsi stranamente a casa anche se casa è lontana, dimenticare la Lazio per un aperitivo obbligato, iniziare le lezioni, una nuova routine, parlare con gente nuova, impegnarsi, confrontarsi, fare un'esperienza bellissima con ragazzi (uomini) che arrivano da posti diversi, capire che ce la si fa sempre, eccome se ce la si fa, studiare, ridere, scherzare, tornare indietro per un po', prendersi una soddisfazione e sentirsi dire bravo, festeggiare e ballare libero per una notte con persone che non vedrai mai più, parlare di tutto e del nulla, comprare scarpe e magliette, mangiare street food,  incontrare un vecchio amico che sta cercando di capire, prendersi due giorni liberi inseguendo banali ma profonde passioni, provare nostalgia per tre sorrisi e poi tornare...